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In cammino nel cuore della Valmarecchia

    
Racchiusa tra le colline riminesi c’è una valle con tanti panorami incredibili e borghi arroccati: è la Valmarecchia. 
Camminare lungo i sentieri della Valmarecchia significa ripercorrere la storia antichissima di questa terra che fu teatro di grandi battaglie. 
Il nome Valmarecchia deriva dal fiume che attraversa questa grande valle. 
Il fiume Marecchia nasce sul Monte Zucca, monte che fa parte dell’Appennino toscano, e dopo un percorso di circa settanta chilometri sfocia nel mare Adriatico. 
La Valmarecchia è una terra racchiusa tra Toscana, Romagna e San Marino. 
Da sempre è considerata terra di confine e centro, per secoli, di grandi storie di battaglie che videro antagoniste le grandi famiglie dell’epoca: Montefeltro e Malatesta. 
Questa terra vanta un patrimonio artistico e naturalistico di grande pregio: grandi  boschi, dolci colline, aspri paesaggi calanchivi e piccoli borghi, arroccati sulla cima di enormi speroni di roccia calcarea, che fanno da splendida cornice ad un paesaggio unico nel suo genere. 
Una delle caratteristiche più curiose dei paesaggi della Valmarecchia è la presenza di grossi speroni rocciosi che sembrano spuntare dal nulla, dopo chilometri e chilometri di verdi colline.

La curiosa storia geologica della terra di Romagna

    

I grossi speroni rocciosi che, curiosamente, sembrano spuntare qua e là dalle viscere della terra sono il risultato del più importante evento geologico che ha coinvolto l’entroterra romagnolo: sto parlando della colata gravitativa della Valmarecchia. 
Si tratta di un’immensa frana che si staccò, milioni di anni fa, nell’area geografica che oggi identifichiamo con la zona compresa tra la Toscana e la Liguria. 
Ad un certo punto questa grande frana si è mossa, spostandosi molto lentamente come un fiume di argilla verso est, dove c’era il mare che l’ha fermata. 
La grande colata ha condotto grandi massi, come fossero zattere, dal Tirreno fino alla zona umbro-marchigiana. 
Questi speroni che oggi identifichiamo con i borghi di San Leo, Montebello, Torriana, San Marino ecc. sono frammenti di una grande lastra calcarea che si trovava nei fondali del mare, milioni di anni fa, nella zona tra Toscana e Romagna. 
Quindici milioni di anni fa ricominciarono grandi movimenti della crosta terrestre: questi grandi terremoti provocarono lo spostamento dell’enorme lastra calcarea facendola muovere come se   fosse   su   un nastro trasportatore. 
I continui terremoti, poi, provocarono la rottura della grande lastra in tanti frammenti che scivolarono verso l’Adriatico. 
Dopo milioni di anni, questi grossi blocchi rocciosi diventarono luoghi ideali per gli insediamenti umani e furono scelti soprattutto come presidi militari.

Le piccole "Dolomiti" della 
Valmarecchia

 

Quando sono in cammino lungo i numerosi sentieri della Valmarecchia mi capita spesso di guardare il paesaggio intorno a me per cercare di riconoscere   i vari picchi che spuntano qua e là in tutta la valle. 
Gli speroni più belli da vedere e facili da riconoscere per la loro curiosa forma, soprannominati le piccole Dolomiti della Valmarecchia, fanno parte della cosiddetta cresta dei Tausani, non lontana dal famoso borgo di San Leo. 
Ovviamente questo soprannome non vuole mettere a confronto questo luogo con le più alte e famose montagne delle Dolomiti, semplicemente la loro imponenza le ricordano molto. 
Anch’io, abituata a vedere alte montagne, quando le ho viste da vicine e, letteralmente toccate con mano, sono rimasta impressionata dalla loro bellezza. 
Comparsi anch’essi a seguito dell’evento geologico della colata gravitativa, sono chiamati piccole Dolomiti per via della loro conformazione decisamente particolare rispetto al resto del territorio. 
Questi luoghi fanno parte di un’oasi faunistica protetta dove si possono incontrare cinghiali, caprioli e volpi.

Tra boschi e castelli, improvvisamente un fantasma: Montebello

Una delle passeggiate più suggestive che si possono fare in Valmarecchia ha inizio a Saiano, antico santuario mariano arroccato su uno sperone roccioso nel cuore dell’oasi naturalistica di Montebello. 
L'oasi è un'area di grande pregio naturalistico con bellissimi boschi e panorami collinari mozzafiato che qua e là si arricchisce di enormi speroni calcarei. 
Durante il cammino lo sguardo è costantemente rivolto verso dolci colline e splendidi calanchi sovrastati dall’imponente rocca di Montebello. 
Montebello è un borgo medievale il cui castello custodisce l'incredibile storia del fantasma della piccola Azzurrina che, secondo un'antica leggenda, ancora oggi fa sentire la sua presenza durante la notte del solstizio d'estate.

Chi era Azzurrina? 
Un’antica leggenda racconta la storia di una bambina, di nome Guendalina, figlia del signore di Montebello, nata albina. 
All’epoca essere albini era considerato segno di stregoneria così la madre decise di tingerle i capelli. Questa tintura, però, a causa dell’albinismo fece diventare i capelli di Guendalina azzurri come i suoi occhi: da qui il soprannome Azzurrina. 
La leggenda racconta che il 21 giugno del 1375, nel giorno del solstizio d’estate, Azzurrina stava giocando con la sua palla fatta di stracci. Improvvisamente, secondo il racconto delle guardie che avevano il compito di sorvegliarla giorno e notte, la bambina si mise a cercare la palla che era caduta nella ghiacciaia del castello. 
Le guardie, sentendo le urla della bambina, cominciarono a cercarla ma lei non fu mai più ritrovata. Secondo la leggenda il fantasma di Guendalina è rimasto intrappolato nel castello e torna a farsi sentire la notte del solstizio d’estate di ogni anno che termina per zero o per cinque.

C’era una volta il mare 

  

La Romagna è una terra sempre fortemente legata al mare. 
Quando si parla di mare in Romagna, però, si deve anche raccontare l’incredibile storia del suo affascinante mare giurassico che, ormai, non c’è più. 
In base ai ritrovamenti fossili , infatti, si pensa che duecento milioni di anni fa esistesse un mare basso, caldo e ricco di vita proprio dove oggi i paesaggi sono caratterizzati da colline, calanchi e speroni rocciosi. 
Nell’area della Valmarecchia si trovava un mare tropicale con tanti pesci tipo pesci trombetta e cavallucci marini. 
Qui viveva anche un grandissimo rettile marino, l’ittiosauro, molto simile ai delfini attuali che era il re indiscusso di questo mare fino a quando non arrivarono gli squali. 
Ad un certo punto l’ittiosauro si estinse probabilmente a causa dell’arrivo dei primi squali che si dimostrano predatori molto più efficienti. 
Tra i tanti squali che nuotarono nel mare giurassico della Valmarecchia ci fu anche il famigerato megalodonte: uno squalo di quasi venti metri, con denti lunghi fino a venti centimetri che, fin dal primo momento, si dimostrò il padrone dei mari. 
Tante altre sono le tracce che riconducono ad un antico mare in questo angolo di Romagna. 

La miniera più grande d’Europa: Perticara
 

 Il grande mare giurassico della Valmarecchia evaporò circa sette milioni di anni fa. 
Cominciarono a depositarsi i sedimenti sul fondo con un’alta concentrazione salina che, a seguito di reazioni biochimiche, diedero vita a cristalli di zolfo. 
È proprio qui che, centinaia di anni fa, ebbe inizio la grande storia di Perticara divenuta famosa per la miniera di zolfo più grande d’Europa. 
La prima grande miniera venne attivata a partire dal 1741 e la sua attività estrattiva proseguì fino al 1964. 
Perticara, quindi, divenne una grande comunità industriale, a differenza di altre località della bassa Romagna dove, per secoli, si   portò avanti la tradizione contadina. 
La roccia contenente lo zolfo veniva estratta a grande profondità: bisognava, infatti, scavare sotto un grande strato di gesso.                  
I minatori estraevano la roccia dalle viscere della terra e la trasportavano fuori con i muli e i cavalli prima e   con i carrelli poi. Tutto intorno alla miniera e non solo, a causa dei fumi dello zolfo, l’aria era irrespirabile sia per gli uomini che per gli animali. 
Agli inizi degli anni sessanta in tutta l’area fino alla cima del Monte Aquilone, sperone roccioso che sovrasta il paese di Perticara, non c’erano più alberi e piante a causa dei fumi dello zolfo che ha bruciato tutto. 
A partire dagli anni sessanta hanno cominciato a ripiantare gli alberi, avviando un processo di rimboschimento di tutta la zona, compreso il Monte Aquilone.

Dal giallo zolfo al giallo ambra: Talamello 


   
Da Perticara seguendo uno splendido sentiero si arriva a Talamello, altro splendido borgo della Valmarecchia. 
I due borghi e i loro abitanti, fin dai tempi più antichi, hanno un legame molto forte fatto anche di rapporti di interscambio economico. 
La storia dei due borghi, infatti, sembra essere legato a doppio filo. Talamello era diventato importante per la produzione di polvere da sparo. 
A partire dal 1490, infatti, cominciò la produzione di polvere da sparo prodotta grazie ai tanti mulini che si trovavano lungo il fiume Marecchia, in prossimità di Talamello. 
Questa produzione durò per ben cinquecento anni. Per produrre la polvere da sparo era necessario usare anche lo zolfo e, proprio per questo, i rapporti commerciali tra Talamello e la vicina Perticara si intensificarono. 
Talamello, splendido borgo alle pendici del Monte Pincio, è noto anche per il suo formaggio di fossa, soprannominato “Ambra di Talamello”. 
Questo curioso nome venne dato dal noto poeta e scrittore romagnolo, Tonino Guerra, perché rimanda al colore giallo paglierino che contraddistingue il colore del formaggio dopo i tre mesi di infossatura nelle grotte di Talamello. 
A Talamello, infatti, molte abitazioni sono dotate di grotte sotterranee. 
Passeggiando tra i vicoli di questo borgo, non è difficile notare delle piccole insegne di ceramica colorata, affisse vicino alle porte delle case, che indicano il nome della grotta: per identificare ogni grotta si usa il nome della famiglia proprietaria della fossa.

Un formaggio leggendario

 Il formaggio di fossa viene considerato un’istituzione a Talamello e non c’è nessun illustre protagonista della storia che non abbia la sua leggenda da raccontare. 
In questo caso la leggenda riguarda un formaggio. 
Si racconta, infatti, che la scelta di infossare il formaggio per permettere una perfetta stagionatura sia frutto di una casualità. 
I contadini di Talamello, infatti, decisero di nascondere all’interno di grotte di arenaria poste sotto le loro case le provviste di cibo per evitare che l’esercito di Alfonso d’Aragona si impossessasse delle riserve. 
Una volta che le truppe lasciarono le loro campagne, gli abitanti di Talamello, decisero di dissotterrare le provviste e si accorsero che il loro formaggio era cambiato. 
Scoprirono, con loro immenso stupore, che il formaggio era cambiato e che la stagionatura lo aveva reso decisamente più buono. 
Da allora, ogni anno in pieno agosto avviene l’infossatura dei formaggi che rimangono a stagionare per circa tre mesi. 
In novembre, poi, avviene l’apertura delle fosse che si è tramutata in una vera festa per tutti gli abitanti di Talamello e non solo.

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