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Scopello e la sua antica tonnara

Una grande rupe che si affaccia sul golfo: è qui che sorge l’antico borgo di Scopello, il cui nome deriva dal greco, Skopelòs, che significa scoglio. 
Il piccolo borgo, in realtà, è ciò che rimane di un baglio (dall’arabo bahal: cortile) del ‘600, costituito da poche case che si affacciano su una piazzetta.
Tutto intorno al borgo, uno splendido bosco che un tempo, ormai lontano, era abitato da cervi, lupi e cinghiali e che, proprio per questo, fu scelto da Ferdinando III di Borbone   come riserva reale di caccia.

Tonnara di Scopello

Questo luogo, che suscita diverse emozioni in chi ascolta la sua storia, racchiude una storia millenaria; una tradizione, quella delle tonnare in Sicilia, che affonda le sue radici in epoche molto lontane. Il primo documento, infatti, che cita per la prima volta una tonnara a Scopello risale al XV secolo.


Tonnara

In passato la scelta dei luoghi per creare una tonnara non era casuale: era importante valutare bene il comportamento riproduttivo dei tonni. 
La tonnara di Scopello, ad esempio, è stata costruita per catturare i tonni provenienti da levante.
I tonni, infatti, nei mesi compresi tra aprile e giugno procedono lungo la costa per deporre le uova. 
Nei mesi di luglio e agosto, invece, una volta deposte le uova, ritornano indietro. 
Da qui la necessità di costruire altre tonnare che facilitassero la pesca dei tonni anche durante il loro viaggio di ritorno. 
La tonnara era un borgo marinaro abitato tutto l’anno da diverse persone, ognuno con il proprio ruolo. 
Il ruolo più importante era sicuramente quello dei tonnaroti che erano quelli che si occupavano della pesca vera e propria dei tonni. All’interno del borgo della tonnara si trovavano anche le abitazioni dei lavoratori, le abitazioni della famiglia proprietaria della tonnara e i magazzini che venivano usati per conservare gli arnesi da lavoro, per le operazioni di pulitura e  per la conservazione del pesce. 
Un vero e proprio villaggio autonomo in cui vivevano circa tre/quattrocento uomini.

La pesca e la mattanza: tra tecnica e antichi rituali

Il periodo della pesca al tonno aveva inizio ad aprile, periodo in cui venivano deposte  in acqua lunghissime reti (anche di 4 o 5 km di lunghezza) che dovevano formare lunghi corridoi che servivano a portare i tonni nella “camera della morte”, chiamata così perché era una zona senza una via di uscita.
A maggio, appena le camere erano piene, i tonnaroti raggiungevano l’area in acqua dove avevano posto le reti, formavano un cerchio con le barche e cominciavano a tirare su le reti. 
A questo punto alcuni marinai provvisti di arpioni, agganciavano i tonni e li caricavano sulle barche. 
Questa fase prendeva il nome di mattanza.

Cialoma: un canto mistico

Un lavoro che veniva celebrato dai tonnaroti eseguendo un canto che si può definire mistico. 
A guidarli il rais, una sorta di direttore dei lavori, il cui compito era quello di incitare il gruppo dei pescatori attraverso un canto, chiamato cialoma.
Questo canto aumentava o diminuiva d’intensità a seconda del ritmo di pesca che doveva essere seguito. 
Un percorso, quello all’interno della tonnara di Scopello, che si snoda tra le antiche mura del baglio, dove si concentrava l’attività della tonnara, e lo splendido scenario naturalistico che circonda il borgo. 
È impossibile non notare, infatti, la maestosità dei grandi faraglioni che fanno da cornice a questo luogo.
Questi faraglioni, alti scogli di roccia calcarea, comparsi tra  250 e  65 milioni di anni fa, vengono fuori dall’acqua per molti metri. 
In cima ad essi si trova una vegetazione bassa, tipica mediterranea. 
Anche quest’area fa parte della Riserva Naturale dello Zingaro: per questo motivo tutta la componente floristica e faunistica è tutelata.

Un museo sommerso

Una delle peculiarità del mare antistante la tonnara, al di là della sua indiscussa bellezza, è il museo archeologico subacqueo che è stato curato dalla soprintendenza  del mare. È un percorso archeologico che si snoda intorno ai due grandi faraglioni , a circa diciotto metri di profondità, tra bellissime praterie di Posidonia oceanica.
Questa raccolta museale è da attribuire ad antiche civiltà tra il II secolo a.C. e il XVI secolo d.C.

Tonno

È un grosso pesce che può raggiungere la lunghezza massima di tre metri e un peso di circa 100 kg. È un grande predatore: si nutre di pesci come sardine e acciughe. Durante la stagione invernale questo grosso pesce si inabissa a grandi profondità, oltre i 200 metri, per cercare acque con temperature costanti, intorno ai tredici gradi, mentre in superficie l’acqua si raffredda. In primavera, ricompaiono in superficie in banchi costituiti da centinaia di individui e si avvicinano  alle coste. Successivamente si recano in alto mare dove le femmine depongono miliardi di uova che rimangono in balia delle onde. Con l’arrivo dell’inverno, i tonni tornano a grandi profondità in attesa della primavera successiva.

Faraglioni

I faraglioni sono grandi scogli rocciosi, spesso dalle forme appuntite, che emergono dall’acqua del mare, vicino alla costa. Le loro forme sono determinate dall’azione erosiva del moto ondoso. Inizialmente le onde erodono il promontorio e si forma così una grotta sul lato del promontorio; pian piano questa grotta si allarga e si forma così un grande arco. Quando la parte superiore crolla perché si assottiglia si formano i due faraglioni.

Lupo

Animale splendido, tipico delle nostre montagne. Spesso ed erroneamente considerato un animale cattivo e pericoloso per l’uomo. Nulla di tutto questo è vero: è, invece, un animale affascinante ed estremamente legato ai membri del suo branco che, in realtà, sono la sua famiglia (mamma, papà e uno o due cuccioli). Il capobranco, o capo famiglia, è il maschio alfa, l’esemplare più forte del gruppo che si accompagna sempre alla sua femmina, unica femmina per lui: i lupi, infatti, creano delle famiglie monogame. Sono soprattutto animali notturni e quando si spostano riescono a percorrere una distanza davvero notevole: duecento chilometri, mantenendo un’andatura di circa 10 km/h. Per comunicare tra loro utilizzano il linguaggio del corpo oppure delle vocalizzazioni che prendono il nome di ululati che vengono usati soprattutto nella comunicazione tra branchi diversi, posti magari, a grandi distanze.

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