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Tre giorni e due notti nel cuore della natura alto atesina
Ammetto che questo angolo di Terra mi era quasi del tutto sconosciuto. Non certo dal punto di vista geografico e tanto meno dal punto di vista storico o naturalistico, ma sicuramente non lo avevo mai preso in considerazione. Perché? A dire il vero non lo so: in fin dei conti qui ci sono le montagne più belle e percorsi naturalistici davvero unici ma, personalmente, non mi ero mai fatta incuriosire.
Quando ho ricevuto il gentile invito da parte dello staff dell’Hotel di Pietralba, però, la mia innata curiosità ha preso il sopravvento e mi sono bastati pochi secondi per dire di sì alla proposta di raccontare questi luoghi.
Ma cominciamo dal principio.
L'itinerario da scegliere: pochi giorni a disposizione e le numerose offerte naturalistiche non mi hanno aiutato. 
Come sempre, però, ha prevalso l'istinto che, alla fine, mi ha premiato.

In vacanza con la principessa Sissi
Sono pochissimi quelli che conoscono la mia immensa passione per la storia della giovane imperatrice d'Austria, Elisabetta, nota come Sissi.
Scoperta in giovanissima età quando iniziai a guardare film e documentari sulla sua storia. Sicuramente il grande amore è nato dopo aver visto la trilogia cinematografica con la grande attrice Romy Schneider e poi, negli anni successivi, è proseguito con documentari che raccontavano la storia di questa giovane imperatrice.
Ma cosa c'entra Sissi con il mio primo viaggio in Alto Adige? C'entra eccome.  L'imperatrice d'Austria, infatti, amava follemente i boschi e le montagne dell'Alto Adige e trascorreva lunghi periodi di vacanza in questo angolo di mondo unico.      

Lago di Carezza
Non potevo rinunciare a questa occasione. Decido, quindi, di cominciare da un sentiero naturalistico a lei dedicato che parte proprio dal Lago di Carezza.
L’ Alto Adige nasconde tanti piccoli angoli di paradiso in grado di incantare turisti ed escursionisti, il lago di Carezza è sicuramente uno di questi. 
È un piccolo lago alpino nel cuore della Val d’Ega, immerso tra bellissimi boschi di abeti, alle pendici del maestoso massiccio del Latemar e del Catinaccio che sembrano specchiarsi nelle acque cristalline del lago.

Un lago leggendario
Un lago leggendario, nel vero senso della parola. Un’antica leggenda, infatti, racconta che nel lago di Carezza vive una bellissima ninfa e che, un giorno, lo stregone di Masarè, sentendola cantare, si innamorò perdutamente di lei. Decise, allora, di rivolgersi alla strega Langwerda per avere consigli su come conquistarla. 
La strega, per aiutarlo, decise di far apparire un bellissimo arcobaleno tra il massiccio del Latemar e del Catinaccio e consigliò allo stregone di travestirsi da gioielliere. 
Lo stregone, però, si dimenticò il travestimento, perciò la ninfa lo riconobbe immediatamente e scappò immergendosi per sempre nelle profondità del lago. 
Lo stregone si infuriò e distrusse l’arcobaleno i cui frammenti vennero gettati nel lago insieme ai gioielli. 
Da quel giorno il lago cominciò a risplendere per i mille colori e la gente del luogo cominciò a chiamarlo il “lago dell’arcobaleno”

È ora di mettersi in cammino
Decido di raggiungere il bellissimo lago di Carezza per cominciare la mia esplorazione. Una bella e facile passeggiata intorno al lago, punto di inizio di un’escursione davvero bella. Il percorso scelto, infatti, non si ferma solo al giro intorno al lago anche perché c’è molto altro da vedere e da scoprire. 
È il momento di andare ad esplorare: il lago infatti è il cuore della vallata e da qui partono numerosi sentieri che si inoltrano tra bellissimi boschi di conifere
Tra i tanti sentieri quello che, fin dal momento della pianificazione di questo viaggio, ha attirato la mia attenzione è sicuramente il sentiero soprannominato la “Passeggiata dell’Imperatrice Elisabetta”.
Ho deciso di farlo e la mia scelta è stata ampiamente premiata. Il cammino comincia subito con una forte emozione: il ponte tibetano. 
Per attraversare un’alta e stretta gola scavata negli ultimi migliaia di anni da un piccolo ma impetuoso torrente di montagna, infatti, bisogna attraversare questo ponte tibetano. Si comincia subito con una scarica di adrenalina. Poi tutto diventa facile e rilassante. 
Si tratta, infatti, di una bella e piuttosto semplice passeggiata tra i boschi che, di tanto in tanto, lungo il sentiero si aprono su splendidi paesaggi alpini. Bellissimi e lussureggianti prati e aspre pareti rocciose che guidano lo sguardo fino alle alte cime delle Dolomiti. 
Il sentiero che prosegue tra splendidi boschi e una bellissima vista sull’imponente massiccio del Latermar e del Catinaccio, ha termine nella radura di Zenay dove si trova il monumento in ricordo del soggiorno dell’imperatrice Sissi. 
L’imperatrice, infatti, trascorse l’estate del 1897 in Val d’Ega per motivi di salute e durante le sue tanto amate camminate scoprì proprio questa bella passeggiata che divenne la sua preferita. 
Proprio ai lati del monumento dedicato a Sissi si trovano due comodi tavoli con le panchine, per fermarsi e godere del panorama e della pace che c’è, oppure, come ho fatto io, per fermarsi e fare una pausa pranzo in compagnia dell’imperatrice. 
È ora di fare ritorno: il primo giorno in Val d’Ega volge al termine; riprendo il cammino lungo lo stesso sentiero dell’andata.

Vaia, la calma dopo la tempesta  
Ѐ impossibile arrivare qui e non notare ciò che rimane della tempesta “perfetta” che ha colpito l’Alto Adige nel 2018. È, soprattutto, impossibile non rimanere interdetti davanti alla totale distruzione che ha provocato questa tempesta in una sola notte.  Vaia: hanno dato anche un nome a questa tempesta.  
È stato uno dei momenti, forse, più difficili della storia di questa terra e i segni, purtroppo, si vedono ancora e si vedranno per decine di anni avvenire. Ma faccio un passo indietro: nel 2018, nella notte del 29 ottobre, ci furono delle raffiche di vento violentissime che raggiunsero i 192 km/h; una furia mai vista che distrusse oltre cinquemila ettari di boschi. 
Un vero disastro che ancora oggi si nota. Non si può e non si deve nascondere ciò che è successo. Ritengo infatti che, anche nel corso di una gita o di un’escursione tra questi boschi, ci si debba assolutamente soffermare per vedere, capire e interrogarsi su quanto è successo.
Si parla sempre di più di cambiamenti climatici: non basta parlarne, bisogna capire che questo evento, apparentemente raro che ha colpito l’Alto Adige, purtroppo, sta diventando sempre più frequente e  sempre più pericoloso. 
Da circa un paio di anni, ormai, si sta ripensando alla “ricostruzione” o meglio alla riforestazione. Un processo molto lungo i cui risultati si vedranno, solo, fra circa centoventi o centocinquanta anni. Il progetto prevede che alcune piante pioniere, come l’acero di montagna o la betulla, comincino a preparare il terreno per le nuove piante di abete rosso che, pian piano, verranno ripiantate.  
Ci vorranno anni prima di completare il progetto ma, sicuramente, l’obbiettivo finale sarà quello di restituire alle future generazioni nuovi e splendidi boschi.

Lago alpino:
Sembrano incastonati nella roccia, tra le alte montagne delle Dolomiti, sono i cosiddetti laghi alpini.
Ma cosa hanno di tanto particolare per essere presi come esempio unico rispetto a tutti gli altri laghi?
Bisogna immaginare di tornare indietro nel tempo per milioni di anni quando hanno fatto la loro comparsa i primi enormi ghiacciai che, piano piano, con il loro incessante movimento hanno plasmato e modellato il paesaggio alpino.
Il ghiacciaio infatti, come fosse un enorme escavatore, ha iniziato a scavare e a depositare materiale qua e là dando vita ad un luogo caratterizzato da grandi conche e profonde depressioni dentro le quali si è accumulata l’acqua piovana e quella proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai circostanti.
I laghi alpini sono molto diversi l’uno dall’altro e questo dipende da quanto sono grandi e da quanta vita hanno. Ci sono laghi, infatti, che possono durare solo qualche settimana e poi spariscono del tutto e altri che sono presenti da migliaia di anni.
La vita di un lago alpino dipende da numerosi fattori quali profondità e quantità di acqua che lo alimenta. Durante il periodo invernale la vita in un lago alpino (a differenza degli altri laghi) si ferma quasi del tutto perché, essendo completamente ricoperto di ghiaccio anche di un metro di spessore, non si ha la possibilità di far passare abbastanza luce e questo comporta uno stop alla fotosintesi delle alghe e all’inevitabile diminuzione di ossigeno in acqua.
Tutto ricomincia con la primavera: i primi raggi del sole riscaldano   l’aria, il ghiaccio sulla superficie dei laghi si scioglie e ricomincia il ciclo: compaiono le prime larve d’insetti che hanno atteso tutto l’inverno sul fondo del lago, comincia nuovamente il processo di fotosintesi delle alghe e la vita nel lago può ricominciare per proseguire tutta la primavera, l’estate e l’inizio dell’autunno.

Conifere:
Quando si parla di conifere la prima cosa che viene in mente sono i grandi pini e gli abeti.
Alla grande “famiglia” delle conifere appartengono davvero molte tipologie di piante tanto diverse tra loro, ma con delle caratteristiche uniche che le differenziano da tutte le altre piante.
Tutte le conifere hanno foglie molto piccole per lo più a forma di ago o squamiforme e sono quasi tutte piante sempreverdi: cioè che non perdono le foglie in autunno.
Unica eccezione a questa regola è il larice: conifera le cui foglie in autunno ingialliscono e che in inverno perde tutte le foglie.
Anche se ad un occhio inesperto non sembra, le conifere hanno fiori e fanno frutti un po' diversi da come potremmo immaginarceli; a volte gli diamo nomi completamente diversi ma ancora loro assolvono al ruolo più importante per una pianta: la riproduzione.
Il  frutto  nella maggior parte dei casi è la pigna che al suo interno porta e protegge i semi. In rari casi, come ad esempio nel ginepro, i frutti sono carnosi e hanno le sembianze di gustose bacche blu che attirano l’attenzione di molti animali che, mangiandoli, portano lontano i semi per dar vita ad una nuova pianta.

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