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Il grano saraceno: tradizione contadina valtellinese venuta da molto lontano

Uno dei miei piatti preferiti, in assoluto, sono i pizzoccheri: li mangerei di continuo.
I pizzoccheri sono uno dei piatti più conosciuti ed apprezzati della Valtellina: sono una varietà di pasta, molto simile alle tagliatelle, preparata con la farina di grano saraceno. 
Un’appassionata di pizzoccheri come me, quindi, non può andare in Valtellina e non andare a vedere, di persona, come si produce la materia prima di questo piatto delizioso: la farina di grano saraceno. 
Per questo motivo scelgo di andare a Teglio, piccolo paese della Valtellina, dove l’antica tradizione mugnaia per la produzione di farina di grano saraceno è, tuttora, molto sentita e praticata. 
Teglio si trova nel cuore della Valtellina, sul versante reticoa circa 900 metri di altitudine. 
Grazie al suo clima mite e asciutto, Teglio, è diventato il luogo ideale per la coltura del grano saraceno.

Mulini di Teglio

Stanchi dal viaggio per raggiungere la Valtellina, non c’è di meglio che dedicare il primo giorno alla visita di uno dei tanti mulini di Teglio, il paese dei mulini. 
Lungo la Val Rògna, proprio nel comune di Teglio, sono infatti ancora visitabili alcuni mulini ben ristrutturati che danno l’occasione di vivere un’esperienza unica: vedere come si produce la farina di grano saraceno, a partire dalla sua materia prima. 
Si comincia così il viaggio in Valtellina: una semplice passeggiata lungo la valle dei mulini per riscoprire la storia dell’agricoltura alpina. 
È così che comincia la bella esperienza nel paese dei pizzoccheri. 
La breve passeggiata in mezzo a bellissimi boschi, termina davanti ad uno splendido esempio di mulino ad acqua, ancora perfettamente funzionante. 
Un mulino interamente costruito in pietra, con una grandissima ruota di legno sul lato. 
Appena arrivati si sente il rumore della ruota che gira, vorticosamente, seguendo il ritmo dell’acqua del ruscello che vi scorre sotto. 
Ed ecco che compare il mugnaio, l’uomo che con la sua arte trasforma il grano in una delle farine più strane, soprattutto per il colore. 
Farina che conferisce ai piatti valtellinesi quel gusto unico.

Dai campi di grano alla tavola: storia di una farina davvero speciale

La visita comincia dalla sala posta al piano superiore del mulino, dove viene raccontata la storia del grano saraceno e come sia arrivato fino in Valtellina, partendo da una terra tanto lontana come la Turchia. 
Nella penisola italica arriva grazie ai Turchi, conosciuti anche come Saraceni, ma in Valtellina viene introdotto nel 1600 dal conte Giovanni Guler Van Weinech, governatore del Grigione che venne a conoscenza di questo prodotto e lo volle introdurre nella sua terra di origine. 
Il grano saraceno viene, ancora oggi, seminato nei primi di luglio, nello stesso luogo dove in precedenza viene raccolta la segale. 
A fine settembre giunge a maturazione e a questo punto viene raccolto.                  
Dopo la mietitura, il grano viene fatto essiccare in covoni (che sono fasci di spighe) per circa dieci giorni. 
Al termine di questo periodo, il grano viene raccolto all’interno di particolari coperte fatte di canapa chiamate pelorsce e si comincia la battitura. 
In questo modo si ottengono i singoli chicchi di grano che vengono raccolti e ripuliti tramite un setaccio di forma rotonda. 
Finalmente i chicchi di grano sono pronti per essere macinati: ora il lavoro passa nelle mani del mugnaio che ha il compito di macinarli per ottenere la farina. 
L’esperienza continua. 
La visita prosegue al piano di sotto, nella stanza dove si trova la grande  macina  collegata alla ruota esterna del mulino che si muove grazie al forte flusso d’acqua che vi scorre sopra e che permette alla ruota di muoversi in continuazione.
È un lavoro di grande precisione dove maestria ed esperienza si devono coordinare al fine di ottenere un prodotto ottimale: farina né troppo grossa né troppo fine. 
L’esperienza tra natura e antiche tradizioni, a questo punto, può finire solo in un modo: seduti a tavola davanti ad un piatto fumante di pizzoccheri.

Valtellina:   

è la zona più a nord della Lombardia. È come una terra di mezzo, tra due catene montuose che la delimitano a nord e a sud. 
La catena Retica, a nord, che separa la Valtellina dalla Svizzera e comprende montagne molto alte come la cima del Bernina (4021 metri). 
Il versante Retico, grazie all’esposizione al sole, è particolarmente adatto per la produzione di vino. 
La vite viene coltivata su particolari terrazzamenti, tipici della Valtellina; per permettere alle vigne di svilupparsi sono stati costruiti dei muretti a secco, in pietra, che risalgono il versante fino ad 800 metri di altitudine. 
A sud la catena Orobica fa da spartiacque tra la Valtellina ed il resto della Lombardia. 
Questo versante, a differenza di quello Retico, è più freddo e piovoso. 
Qui l’ambiente naturale è caratterizzato da boschi molto estesi: un tempo queste aree erano adibite alla coltura del castagno.

Grano saraceno:   
 
Le campagne coperte di grano saraceno assomigliano ad un vasto giardino di fiori bianchi e rosati, o variegati di verde, di rosso, di bianco, riuniti in diversi ciuffi sul sommo degli steli” è così che il botanico Poiret descrive il grano saraceno nella sua opera “Storia delle piante d’Europa” (1827). 
L’aspetto estetico, tuttavia, non è il solo aspetto importante da prendere in considerazione quando si parla di grano saraceno: per cinque secoli, infatti, il grano saraceno è stato un’importante fonte di sostentamento per le popolazioni delle Alpi. 
La sua grande diffusione nelle zone montane, in modo particolare quelle alpine, è dovuta alla sua grande adattabilità: a questa pianta, infatti, piacciono i terreni magri, l’altitudine e i climi freschi. 
Chi vede per la prima volta il grano saraceno rimane stupito dalla bellezza di questa pianta: non è un cereale e non ha spighe come il frumento, bensì è dotato di piccoli fiorellini bianchi. 
Ha piccoli frutti, di forma triangolare, chiamati acheni che si possono macinare per ottenere la farina. 
Pur non essendo simile ad altri cereali, venne chiamato grano perché assomigliava, anche per l’uso che se ne faceva, al grano; è chiamato anche saraceno perché venne importato in Europa, passando dall’oriente. 
In realtà l’origine del grano saraceno è più lontana: in una zona dell’Asia centrale compresa tra la Siberia, l’Hymalaya e la Manciuria.

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