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Facile o difficile? Cosa rende un sentiero più facile o più difficile?    

Argomento davvero spinoso, questo. 
In più di un’occasione mi sono imbattuta in persone che non riescono a comprendere i termini che vengono usati nel trekking e questo, spesso, si rivela un problema. 
A mio avviso, però, la colpa non è da attribuire alle persone che partecipano alle escursioni, ma agli operatori (in primis noi guide ambientali) che, quando preparano una scheda tecnica, usano termini troppo complicati o per “addetti ai lavori” 
Ho deciso, quindi, di cambiare strategia almeno nel caso dei viaggi e delle escursioni che organizzo e che controllo io dall’inizio alla fine. Non uso più le scale di difficoltà CAI, che possono generare confusione in quelli che leggono, soprattutto tra i nuovi escursionisti, bensì una breve e  semplice  descrizione.             Ritengo sia più efficace descrivere il sentiero con poche parole e più esplicite: facile, medio, difficile e ad esse far seguire una breve descrizione delle eventuali difficoltà che si possono incontrare durante il cammino.

E'  tutta una questione di allenamento 

 

Come prima cosa bisogna ricordare che la scala creata dal CAI tiene conto solo delle difficoltà tecniche di un percorso e non prende in considerazione l’impegno fisico necessario per affrontarlo. 
Un percorso lungo ma un po’ faticoso (per esempio una salita simile ad una normale scala) secondo la scala CAI deve essere indicato come un sentiero di bassa difficoltà (T) perché è un sentiero privo di ostacoli e quindi privo di pericoli. 
Viceversa un sentiero breve ma con tratti rocciosi, con forti dislivelli sia in salita che in discesa e con potenziali pericoli viene considerato difficile. 
Diventa fondamentale, quindi, ricordarsi di verificare, come prima cosa, il dislivello che molto spesso viene segnato nella scheda tecnica preparata dalla guida ambientale e il numero di chilometri totali del sentiero proposto. Non bisogna però dimenticare che alla base di tutto c’è l’allenamento personale: bisogna cioè conoscere e valutare i propri limiti fisici. 
Ci sono, infatti, alcune persone che trovano difficoltoso un sentiero di dodici chilometri con un dislivello di duecento metri e altre che considerano facile un percorso di oltre venti chilometri con un dislivello di oltre mille metri. 
È tutta una questione di allenamento.

La scala delle difficoltà dei sentieri escursionistici   Il CAI, Club Alpino Italiano, ha creato una scala per classificare le difficoltà escursionistiche degli itinerari. 
Questa scala tiene conto del dislivello e della lunghezza del percorso. In ambito escursionistico ci sono tre livelli:

  • T (Turistico): è un itinerario che si svolge lungo sentieri ben tracciati, senza alcun ostacolo o difficoltà e un dislivello non superiore ai trecento metri. Per percorrere questi sentieri non è necessario avere un grande allenamento fisico.
  • E (Escursionistico): è un itinerario su sentieri ben tracciati. Lungo il sentiero si possono incontrare alcuni tratti ripidi (dislivello superiore ai quattrocento metri).Per percorrerli è necessario avere un buon allenamento alla camminata.
  • EE (Escursionisti Esperti): è un itinerario difficile che richiede una buona capacità di muoversi su terreni impervi.
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